Andreas Krieger è stato una stella dello sport dell’epoca comunista, ma non è orgoglioso dei suoi successi. Ha voltato le spalle all’atletica e ora si guadagna da vivere vendendo vecchie divise dell’esercito americano in un negozio della fatiscente cittadina di Magdeburgo, nella Germania Orientale. Rispetto agli altri ex campioni di atletica Krieger, un uomo di quarant’anni dalle spalle larghe, ha più motivo per voler dimenticare il suo passato, al quale però non potrà mai sfuggire. Guardando alcune sue fotografie che risalgono alla metà degli anni ottanta è facile capire perché. Le immagini mostrano una giovane donna muscolosa, dal viso rotondo e in tuta da ginnastica. I suoi lineamenti sono straordinariamente simili a quelli di Krieger, ma i capelli sono più folti e non ha la barba. “Questa è del 1986, quando ero Heide Krieger, la ragazza della Repubblica democratica tedesca (Rdt) che divenne campionessa europea di lancio del peso” dice Krieger. Di fronte alla grande bandiera a stelle e strisce che decora il suo negozio, si sforza di trattenere le lacrime mentre aggiunge: “Il problema è che Heidi è stata uccisa”. Doping di stato La storia di Krieger è forse l’esempio più straziante degli effetti della somministrazione di droghe ai giovani atleti tedeschi, incoraggiata da un governo ansioso di conquistare medaglie per la Germania comunista. Riempita di iniezioni e di massicce dosi di anabolizzanti dall’età di sedici anni, quando arrivò a vincere i Campionati europei del 1986 Heidi Krieger era un’amazzone di 85 chili con la voce profonda e un leggero strato di barba. Ed era già confusa sulla sua identità sessuale. Nel 1997, gli effetti della sistematica assunzione di steroidi l’hanno spinta a sottoporsi a un intervento per cambiare sesso. Quello è stato il momento in cui Heidi è morta ed è nato Andreas. “Per me la tragedia sta nel fatto che non ho potuto scegliere la mia identità sessuale, sono stati i farmaci a decidere del mio destino”, mi dice. Andreas è uno dei circa diecimila atleti della Germania Est che sono rimasti danneggiati in modo più o meno permanente dalla pratica del doping imposta dallo stato comunista. Tra loro ci sono le campionesse di nuoto Petra Schneider e Rica Reinisch, che stabilirono entrambe dei record mondiali nei primi anni ottanta. Da allora Petra Schneider ha sempre avuto gravi problemi di cuore e di schiena, mentre Rica Reinisch soffre di cisti ovariche ricorrenti e ha subito diversi aborti spontanei. E ce ne sono altre migliaia come loro. Dalla caduta del muro di Berlino più di trecento ex funzionari sportivi della Germania Est sono stati condannati per doping, ma molti degli atleti coinvolti continuano a sentirsi ingannati. A quindici anni dal crollo del comunismo aspettano ancora di avere giustizia. Nel tentativo di pareggiare finalmente i conti, Krieger e 159 suoi colleghi hanno fatto causa al colosso farmaceutico tedesco Jenpharma, la società che negli anni settanta e ottanta produceva gli steroidi per ordine del governo della Germania Est. Gli atleti chiedono un risarcimento di 17mila euro a testa e sperano in un patteggiamento. Michael Leher, l’avvocato che li rappresenta, racconta che i suoi clienti sono amareggiati perché nessuno degli ex funzionari statali condannati per doping ha fatto un solo giorno di prigione. “Gli atleti vogliono risolvere la questione una volta per tutte. Il risarcimento economico sarebbe almeno un’ammissione di colpa. Ma per una donna che ha subìto danni permanenti al fegato, una che ha avuto un bambino disabile o che viene continuamente scambiata per un uomo, non c’è un risarcimento adeguato”. Andreas Krieger lo sa bene. Oggi, 24 anni dopo che il suo allenatore cominciò a riempirlo di pillole azzurre spacciandole per innocue vitamine, Krieger è ancora costretto a curarsi. Ogni tre settimane il suo medico gli somministra dosi massicce di testosterone. “Se salto una dose me ne accorgo subito. La barba smette di crescere e comincio a comportarmi in modo strano. Divento irritabile, non riesco a concentrarmi e spesso scoppio in lacrime. Il mio corpo mi comunica che non ce la fa. Ho bisogno di quelle iniezioni per restare uomo”. Ma Krieger ha subìto anche altri danni fisici permanenti a causa del rigido programma di allenamento cui è stato sottoposto. Gli intensi esercizi di sollevamento pesi che Heidi era costretta a fare quando era una giovane campionessa di lancio del peso le hanno danneggiato i muscoli e le giunture. Oggi Andreas non può sollevare oggetti pesanti perché le sue vertebre sono deformate. Anche la più innocua attività fisica gli provoca dolori insopportabili. “La sera di Natale ho commesso l’errore d’infilarmi sotto l’albero per sistemare le luci. Ho passato a letto tutte le vacanze”, racconta. Le pillole azzurre che hanno dato origine al suo tormento erano uno steroide anabolizzante chiamato Oral-Turinabol. Il farmaco era prodotto dalla Jenapharm, che negli anni settanta e ottanta era un’azienda statale al servizio del regime comunista. Il suo scopo era migliorare le prestazioni degli atleti e quindi aumentare il prestigio della Rdt. Agli atleti venivano somministrate circa due milioni di pillole all’anno. Fu così che dal 1972 al 1988 la Germania Est conquistò 384 medaglie olimpiche. Heidi Krieger cominciò la sua carriera sportiva a 14 anni, quando s’iscrisse a una scuola per giovani atleti di Berlino Est. L’istituto era affiliato al famigerato circolo sportivo Dynamo, che era sponsorizzato dalla Stasi, la polizia segreta del regime. A 16 anni, il suo allenatore cominciò a darle l’Oral-Turinabol. “Non mi preoccupavo per quelle pillole, avevo 16 anni. Ero una ragazza ambiziosa, e poi le prendevano tutti. Perfino mia madre pensava che fosse normale”, dice oggi Krieger. Ma dopo sei mesi i vestiti cominciavano a non entrarle più. A 18 anni, aveva la voce profonda e l’aspetto sempre più mascolino. Non usciva più per strada perché la gente la chiamava “finocchio”. La cosa più imbarazzante accadde un giorno in cui viaggiava in treno con sua madre. Un passeggero le disse che sembrava un travestito. Quando tornò a casa, Heidi si tolse la gonna. E da allora non se l’è più rimessa. “Ero veramente confusa, non sapevo se ero un uomo o una donna”, dice Krieger. Nel 1991 la sua carriera era ormai finita. Il suo corpo troppo sfruttato, le vertebre, le giunture, i tendini danneggiati non la rendevano più competitiva. Ma la sua confusione sessuale era ancora più profonda. “Cominciavo a innamorarmi delle donne e a sentirmi prigioniera nel mio corpo, ma ancora non sapevo che fare”. Fu solo a metà degli novanta che Heidi decise di rivolgersi a un medico. “Il dottore mi chiese se avevo mai preso steroidi. Non ne ero sicura, ma quando mi decisi a indagare venne fuori che me ne avevano dati una quantità enorme”. Heidi scoprì che nel 1986, l’anno in cui era diventata campionessa europea, il suo allenatore le aveva fatto prendere 2.590 milligrami di Oral-Turinabol, una dose che supera di circa mille milligrammi quella somministrata all’atleta canadese Ben Johnson, il cui programma di doping scioccò il mondo quando fu denunciato nel 1988. L’operazione per il cambiamento di sesso a cui Heidi si è finalmente sottoposta ha migliorato solo parzialmente la sua vita. “Adesso le cose vanno meglio rispetto a quando ero Heidi, ma naturalmente non posso sfuggire alla mia realtà fisica. Non posso andare in una sauna. Non oso farmi vedere nudo da nessuno. Mi preoccupo anche quando vado al mare”. Isabelle Roth, che dallo scorso marzo è amministratore delegato della Jenapharm, ammette di essere “profondamente toccata” dalle sofferenze degli ex atleti della Germania Est. Ma insiste nel dire che la sua casa farmaceutica non era la “forza motrice” del programma di doping del regime. “Facendo parte di un gruppo di aziende farmaceutiche, la Jenapharm era obbligata a collaborare con il piano statale” , ha dichiarato in una recente intervista. “L’Oral-Turinabol era una sostanza approvata dal governo e disponibile sul mercato. Se il farmaco è stato utilizzato male da medici sportivi e allenatori, la Jenapharm non può essere ritenuta responsabile”. La sua versione dei fatti è aspramente contestata dagli atleti e dai loro legali. “La Jenapharm faceva parte del sistema di regime della Rdt. La società non solo produceva quelle pillole, ma studiava altre sostanze allo scopo specifico di dopare gli atleti”, dice l’avvocato Lehner. “I suoi rappresentanti erano presenti alle riunioni in cui fu deciso il programma”. Per sostenere la causa degli atleti, Lehner punterà sulle prove fornite da due testimoni fondamentali. Uno di questi è Manfred Höppner, che era a capo della commissione governativa alla quale era affidata la supervisione del progetto. Nel 1998 Höppner è stato multato e condannato a un anno di reclusione con la condizionale per le sue attività in epoca comunista. Durante il processo ha rivelato che i rappresentanti della Jenapharm erano presenti quando furono prese le decisioni sul doping. L’altra testimonianza chiave verrà fornita dal dottor Rainer Hartwich, l’ex direttore del laboratorio di ricerca clinica della Jenapharm, che ormai non lavora più per la compagnia. Secondo il dottor Hartwich, la società non aveva in programma di commercializzare l’Oral-Turinabol come farmaco comune, ma voleva tenerlo segreto. Negli archivi della Stasi è stata ritrovata una sua dichiarazione secondo la quale il farmaco “sarebbe stato di grande utilità per lo sport nazionale”. Tuttavia in seguito fu Hartwich stesso ad avvertire la Stasi che l’uso “illegale” degli steroidi da parte dello stato aveva raggiunto livelli allarmanti. Oggi il dottore sostiene che la Jenapharm “ha il dovere morale di aiutare le vittime del doping”. Un raggio di luce Il caso solleva interrogativi che finora non hanno trovato risposta anche sul ruolo svolto dal predecessore di Isabelle Roth, il dottor Dieter Taubert, che dirigeva la Jenapharma all’epoca del regime comunista. Nei documenti della Stasi di quel periodo il dottor Taubert era citato con il nome in codice “Alexander”. Adesso è amministratore delegato del colosso farmaceutico tedesco Schering, che ha acquistato la Jenapharm nel 1991. Andreas Krieger sostiene che, anche se la Jenapharm ammetterà le su responsabilità, non c’è un risarcimento in grado di ridargli la salute. Nonostante tutto, però, le traversie che ha passato hanno portato almeno un raggio di luce nella sua vita. Tre anni fa ha sposato Ute Krause, un’ex atleta di 42 anni che come lui è stata danneggiata dali allenatori e maltrattata dai burocrati della Germania comunista. Come Krieger, Ute Krause ha subìto per anni l’effetto degli steroidi. Ex nuotatrice, ha sofferto per vent’anni di anoressia nel tentativo di combattere l’aumento di peso dovuto all’assunzione di farmaci. Una volta ha cercato di suicidarsi con una miscela di sonniferi e vodka. “Ute capisce quello che provo meglio di chiunque altro”, dice Krieger. Oggi nessuno dei due ha molto rispetto per lo sport. Ute Kraus ha appeso l’attestato del titolo mondiale di nuoto conquistato nel 1978 alla parete del bagno della loro casa di Magdeburgo. Krieger si è spinto oltre: la sua medaglia d’oro vinta ai campionati europei del 1986 adesso fa parte di un trofeo che viene consegnato ogni anno ai tedeschi impegnati nella lotta la doping. La medaglia è incastonata in un esagono di plastica che imita la forma della molecola chimica usata per produrre l’Oral-Turinabol. |